Circa ottocento chilometri.
Provate a pensare ad un tragitto di questa portata.
Torino-Roma? Diciamo più Milano-Napoli.
Ma anche qualcosa in più.
Questa è la distanza che ogni anno persone provenienti da tutto il mondo coprono a piedi per giungere a Santiago de Compostela partendo dai Pirenei.
Si tratta di uno dei cinque Cammini di Santiago, il francese, il più battuto e famoso; un mese circa “a spasso” per il nord della Spagna.
Il mio è stato Maggio 2016, ventinove giorni in cui ho percorso ottocentotrenta chilometri esclusivamente a piedi.
A orecchio potrebbe suonare come una pazzia, una “faticaccia” o una penitenza ma, credetemi, non avrei potuto ricevere regalo più grande.
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La domanda numero uno, la più classica è: “Cosa spinge una persona ad affrontare una sfida del genere?”
La voglia di cambiamento.
Nella pienezza del suo significato: dare una svolta ad un certo periodo della propria vita.
Ho conosciuto persone che viaggiavano per capire cosa fare del loro lavoro, che avevano subito una perdita, una separazione o chissà cos’altro, ma tutte accomunate da una necessità:
Avere tempo per se stessi.
Già, tempo: la cosa che più sembra sfuggire di mano al giorno d’oggi, nelle vite super frenetiche a cui tentiamo di tenere il passo, che stancano e stressano più di ogni altra cosa. Progettiamo momenti di fuga da esse per avere tempo libero (che brutta espressione).
Libero. Libero da cosa? Ed ecco che capiamo o avvertiamo più o meno profondamente che qualcosa non va, che siamo “schiavi” di qualcuno a cui non riusciamo a dare forma.
Ma che spesso abita dentro di noi, che è parte di noi.
Ecco perché si parte, di solito in solitaria, per un viaggio a piedi di un mese: per rallentare, per lasciare a casa persone, abitudini, blocchi e potersi guardare dentro.
Io stesso ero arrivato al punto di sentirmi schiavo di una vita che non mi apparteneva, volevo soddisfare dei canoni che non facevano per me e creavano conflitto dentro.
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E la cosa che più mi ha stupito in questo viaggio è stata trovare tantissime persone che provavano la medesima cosa. E non importava che fossero uomini o donne, giovani o adulti o anziani, europei o chissà di dove.
Partire solo e scoprire di non esserlo: questa è la magia del Cammino di Santiago.
Un viaggio di tale durata mette alla prova in primis il fisico: avevo forma fisica eccellente, poiché facevo sport a livello agonistico.
Ma sottovalutare il peso aggiuntivo che lo zaino (circa dieci chilogrammi) aggiungeva per sette-otto ore al giorno al mio corpo, è stato un errore che il mio ginocchio ha pagato per quasi una settimana.
Ma è quando passa la paura di farsi male che si scopre quanto in realtà non capiamo, o spesso ignoriamo, la nostra vera forza.
Una volta scomposto e ricostruito il fisico, il Cammino procede mettendo alla prova la mente, con il suo tratto forse più difficile, le Mesetas: altopiani con distanze di circa dieci-quindici chilometri tra un paese e l’altro.
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Ed è qui che si ha veramente il tempo di pensare a quello che si vuole cambiare della vita, il famoso tempo per vedersi dentro sopra descritto viene sfruttato secondo dopo secondo.
E intanto continua anche il confronto con gli altri.
Relazionarsi con uno sconosciuto permette di abbattere quei muri creati per proteggersi soprattutto da pregiudizi e giudizi che crediamo le persone abbiano nei nostri confronti.
Tutti indossiamo una maschera, recitiamo una parte e abbiamo un ruolo, in ogni situazione del nostro quotidiano.
Davanti a sconosciuti con cui si può DECIDERE quanto tempo passare, tutto cambia. Non c’è motivo di nascondersi e questo porta a scoperte bellissime, tra le quali che i nostri problemi e pensieri non sono unici, ma condivisi anche da altri.
E allora non si è più soli.
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Durante il Cammino di Santiago si creano legami unici, diventando quasi una famiglia, sia per il tempo del viaggio che anche dopo il ritorno.
Fare trenta chilometri al giorno non è più uno sforzo ma una festa continua, fatta di risate e momenti speciali, che continuano nelle ore di relax all’interno degli ostelli (chiamati albergues) davanti a tavolate di decine di persone e cervezas fresche.
E per chi ha tempo o voglia, a tre giorni di viaggio da Santiago c’è Finisterre, il vero finale del Cammino, dove non ho esitato a tuffarmi nell’oceano nonostante i dodici gradi esterni.
La fine è sempre un nuovo inizio…
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Il mio inizio è stato raccontare questa storia tra le pagine del mio romanzo d’esordio, La ragazza che camminava scalza.
Se non fossi partito probabilmente avrei continuato a chiedermi cosa dovessi fare della mia vita, quindi voglio vivamente consigliarvi di dare un’occhiata.
È sempre il primo passo il più duro, ma muovendosi lo scenario cambia.
Buon viaggio…
L’ho letto il tuo libro e mi è piaciuto tantissimo, ci sono sfumature che solo chi ha percorso il cammino riesce a percepire…a Giugno ripartirò, il cammino mi sta chiamando.
Un viaggio che lega in modo particolare chiunque lo abbia fatto.
Sono felice che ti sia piaciuto e che abbia “respirato” qualcosa di familiare…Buen Camino per Giugno!
Bellissime parole….sempre più decisa a farlo penso che questo sia il momento giusto…..😉
Grazie Stefania, un’avventura davvero da vivere…Parti presto!!!